Gentilezza, rispetto e coaching

Il periodo attuale ci impone una riflessione su parole che anni fa erano parte importante di una
consolidata pratica sociale e lavorativa e che oggi sembrano tornare con prepotenza al centro delle
riflessioni per avere un clima aziendale virtuoso nelle aziende e fra i professionisti. Il rispetto lo si
respira potentemente durante le sessioni di coaching. Come mai?
La parola Rispetto deriva dal latino re-spicio. Il significato etimologico di questa parola possiamo
ricondurla a osservare con amore ma contemporaneamente mantenendo un distacco che permette
una valutazione attenta ma priva di pregiudizi. Il coaching insegna infatti ad ascoltare il coachee
senza avere pregiudizi in una relazione non giudicante ed oggettiva. Per traguardare questo “aspetto
del Rispetto” occorre molto esercizio e grande capacità di ascolto per cogliere le sfumature che
normalmente passerebbero inosservate se il coach indosserebbe occhiali pregiudizievoli.
Ecco perciò che il rispetto della persona, dei suoi obiettivi e della sua analisi della realtà così come
la vede cono driver fondamentali per una sessione di coaching efficace e potente. Un’azienda e un
cliente dopo la sessione di coaching ha vissuto un’esperienza di rispetto e di ascolto che ne rafforza
l’identità e stimola attivamente il raggiungimento dell’obiettivo.

Gentilezza e coaching

Dopo aver posto attenzione alla parola rispetto ora focalizziamoci sulla parola gentilezza, altro driver fondamentale. L’etimologia della parola gentile risale al latino Gentilis. Cioè appartenenti ad una buona famiglia, una “gens”, una famiglia nobile, con valore etico, morale, culturale e pertanto capace di attenzioni e sentimenti elevati e preziosi. Diremmo una persona che sa trattare gli altri con gesti nobili, affabili, cortesi, delicati. La gentilezza si respira nelle sessioni di coaching per la sua autenticità che nasce dal rispetto profondo della persona o del team aziendale che ci si trova davanti. L’esperienza di gentilezza che i team aziendali provano e che i singoli riportano non è intesa, come a volte capita di sentire, riassunta in frasi come” il coach era gentile”; ci mancherebbe che un coach fosse sgarbato o cafone. Non è questo il tema. Un coach è gentile perché è capace attenzione verso le persone i loro obiettivi che potremmo definire “nobile”. La parola nobiltà include la gentilezza, il tatto, la perspicacia. la cultura e capacità di porre domande garbate, puntuali e precise per un effetto potente nella sessione.

Ascolto, consapevolezza, gentilezza e coaching

Fiumi di parole si sono scritti sulla parola ascolto che com’è noto deriva dall’etimologia greca dalla parola auscultare. Non si ascolta solo con le orecchie, come normalmente si pensa, si “ausculta” con gli occhi e tutto con il corpo per porre attenzione a tutto l’aspetto comunicativo. Da come un coach ascolta il coachee viene percepita la relazione gentile che si instaura nella sessione. L’ascolto gentile è un’abilità che attiva doti come l’empatia la fiducia e ottimismo. Il coaching attiva quella che si chiama consapevolezza e anche questa riflette il tema della gentilezza e del rispetto. Quando una persona o un team diventa consapevole significa che sta costruendo una base in cui il sapere e il volere si incontrano in modo palese e manifesto. Avviene un vero e proprio momento di gentilezza perché prendiamo atto emotivamente e razionalmente delle opportunità e dei pericoli che certi obiettivi potrebbero contenere e, nel piano azione che ne scaturisce, si mettono in campo le potenzialità per affrontare al meglio le azioni da compiere. In questo contesto si attivano le risorse più nobili e potenti.

“Attiva le energie, libera le risorse! I tuoi valori e i tuoi talenti convogliati in un flusso di pensiero trascendente ti porteranno ai tuoi obiettivi.”

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